Da sin, in senso orario: Emmeline de Bragard, Jeanne Duval (di Manet), Marie Daubrun, Apollonie Sabatier

Cherchez la femme. Le donne di Baudelaire
Nei suoi primi anni Charles ha una grande affinità sentimentale con la madre. Legame acuitosi alla morte del padre, ma distrutto dall’installarsi in casa del severo comandante Aupick con cui la donna si risposa. Qualcosa si rompe nell’anima del bambino, scompare l’intimità che lo univa alla madre che mai verrà perdonata e, anche se il rapporto non s’interromperà mai, diventerà obiettivo di un profondo risentimento che ritroveremo nei suoi Fleurs du mal, dove il Poeta rivela anche i diversi rapporti con le donne che in vari cicli sentimentali hanno avuto per lui un ruolo fondamentale.
Superato il primo approccio amoroso con la piccola prostituta ebrea a cui più avanti dedicherà 2 poesie, Baudelaire viene spedito in un viaggio verso le Indie dall’odiato patrigno che intende reprimerne la vocazione letteraria. Sbarcato nelle isole Mauritius conosce e frequenta la famiglia di un avvocato francese attratto soprattutto dall’avvenenza della moglie Emmeline. È proprio ispirandosi e dedicandoli a lei che scrive i suoi primi splendidi versi anch’essi destinati a finire nel suo capolavoro (LXI A una donna creola).
Tornato a Parigi conosce Jeanne Duval, la sua mostruosa divinità animale fatta donna, una mulatta di facili costumi volgare e ignorante, di professione comparsa teatrale e prostituta, che lo attrae per l’esotismo fisico: un amore puramente carnale. Ci saranno innumerevoli poesie dedicate a lei dove, oltre a soavi parole d’amore (dolcemente erotiche nel XXII Profumo esotico), la sua Venere Nera verrà descritta di volta in volta come bizzarra deità, megera libertina, regina dei peccati, vile animale, donna impura, oasi che sogno e borraccia da cui bevo, grande taciturna, vaso colmo di tristezze. Sarà un rapporto sempre tempestoso, ma destinato a durare tutta la vita. Nonostante i giuramenti alla madre di mandarla all’inferno, dopo vent’anni si trova ancora vicino a lei ormai invecchiata, brutta e ammalata tanto da non potersi muovere colpita da paralisi, una volta di più disposto a perdonare angherie, insulti e tradimenti a quell’angelo e demone, sensuale tentatrice che aveva incarnato l’ideale di bellezza nera.
Conosce poi Marie Daubrun che viene momentaneamente a sostituire Jeanne nel cuore e nello spirito di Charles. È una discreta attrice dai capelli d’oro e dagli occhi verdi, una bionda in contrapposizione alla pantera nera, e con la quale il Poeta ha una relazione probabilmente soltanto platonica (LIII Invito al viaggio). Dopo qualche mese di amicizia Marie mette alla porta l’ardente adoratore ed è proprio quello che lui cerca perché non vorrebbe insudiciarla con un amore carnale, per quello c’è già la Duval. La controprova che lui cerca proprio questo si avrà alcuni anni dopo con Apollonie Sabatier, l’ultima musa, soprannominata la Presidente, padrona assoluta di un suo salotto diverso dagli altri, dove gli ospiti sono lasciati liberi nella conversazione. Ognuno può dire ciò che vuole ed esprimersi come meglio crede, il linguaggio sboccato non solo è tollerato, è incoraggiato. Baudelaire è uno dei frequentatori, e per 2 anni le manda lettere e poemi audaci in forma anonima. Il primo è A colei che è troppo gaia (Relitti:V), proprio uno dei 6 che i giudici condanneranno per immoralità e verranno soppressi dall’edizione dei Fleurs. A quel punto sente il bisogno dell’appoggio dell’influente donna per parare i fulmini della giustizia e le spiega che tutti i versi compresi tra la pagina 84 e la 105 della sua opera parlano di lei che gli risponde immediatamente di sentirsi, dal primo giorno in cui l’ha visto, sua nel corpo, nella mente e nel cuore. Può fare di lei quel che vuole e gli concede una notte d’amore destinata a essere l’unica oltreché molto deludente. Il Poeta che intendeva fare di lei una Madonna vede franare il suo idolo che da divinità è diventata solo una donna come tutte le altre che, responsabili per la loro bellezza del suo disagio, lui vuol tener relegate in un’estrema lontananza da non raggiungere mai. WILLY PICCINI