Edipo re e Edipo a colono. Quando la regia teatrale assume due visioni nella tragedia greca.
Portare in scena Edipo Re e Edipo a Colono, nella stessa serata, non è una novità. Ma diviene addirittura rivoluzionaria, quando sono due le regie per queste due tragedie di Sofocle. La prima di Andrea Baracco e la seconda di Glauco Mauri. La rappresentazione al teatro Rossini, nell’ambito della stagione di prosa, promossa dall’ Amat e Comune di Pesaro, è certamente lo spettacolo di cartello di questa stagione, ben coordinata dal direttore dei teatri comunali, Giorgio Castellani. Per Glauco Mauri, dopo numerosi anni di assenza, nemo profeta in patria, il ritorno da alcuni anni al teatro Rossini, il teatro della sua città, insieme a Roberto Sturno, sempre più bravo, ed erede artistico di Mauri, è sempre un momento di commozione. “Qui mi sono formato fin da ragazzo. Qui ho ancora amici e parenti. Pesaro è la città che ho nel cuore”, ci sottolinea il maestro ormai invecchiato, ma sempre più bravo con una voce debole, ma affascinante. Parlavamo delle due regie. Nella regia di Andrea Baracco, prevale la disperazione di Edipo, interpretato magistralmente da Sturno a cui si contrappone la cecità di Tiresia, il vecchio cieco, Glauco Mauri, personaggio che anticipa, il destino drammatico di Edipo, che proprio nella cecità, troverà la sua condanna e la fuga da una realtà tragica. La scenografia, l’uso simbolico dell’acqua, il telo, il filo simbolico che collega vita e morte, sono gli elementi che Andrea Baracco, ha utilizzato, per rispondere ad un interrogativo di fondo: perchè fare Edipo Re oggi? Vi è una frase di Jean Cocteau: “Il mistero ha i suoi misteri. Gli Dei hanno i loro dei. Noi abbiamo i nostri. Loro hanno i loro. E’ quello che si chiama l’infinito”. Non vi è nell’interpretazione registica di Baracco, una fedeltà filologica al testo, ma addirittura si ritrovano contaminazioni all’arte contemporanea, informale, al teatro dell’assurdo di Beckett e al simbolismo cinematografico di Peter Greenaway, dove però il formalismo pittorico di quest’ultimo, viene sostituito dall’essenzialità. Edipo Re è la tragedia del riconoscimento e del rovesciamento. Edipo non accetta le zone d’ombra che coinvolgono la sua identità personale. A lui si contrappone Giocasta, madre-moglie: “non voler sapere chi sei”. E quando scopre la verità, sorge un nuovo interrogativo: “Ma come è successo, perché?”. Non trova una risposta, non può trovarla. L’unica cosa che gli resta è entrare nel buio, accecandosi, per non vedere più quella verità che fino ad allora non aveva riconosciuto. E sul tema del buio che si confrontano due regie, una contemporanea, moderna e sperimentale di Andrea Baracco e quella di Glauco Mauri, che è lo stesso Edipo a Colono, che vive i gli ultimi drammi esistenziali nel buio. E Mauri sottolinea: “E quale uomo più di Edipo è l’uomo dei perché? E quale viaggio più di quello di Edipo è l’esempio della fatica, del dolore, dello sconvolgente coraggio per raggiungere la verità. ” “Tutto quello che deve accadere accada pure e mi distrugga, ma sia fatta luce. Io voglio sapere chi sono ”. Vi è l’enigma della Sfinge, che è ancora più attuale nella nostra società e cultura contemporanee, dove domina l’ambiguità. E dopo Edipo Re, Sofocle non poteva fermarsi e per completare il mistero ha realizzato Edipo a Colono, con un Edipo-Mauri, ormai stanchi, isolati, che aspettano in un cammino di disperazione la morte.
Paolo Montanari
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